“Al giorno d’oggi si ricorre al “click” con molta superficialità”
"Le statistiche ci mostrano che il 30% di coloro che sono stati vittime di cyberbullismo diventano a loro volta dei cyberbulli"
A cura di Filomena Fotia 2 dicembre 2017 - 17:44
Presso l’Università Politecnica delle Marche, si è svolta la Prima Giornata Nazionale sulle Dipendenze Tecnologiche e sul Cyberbullismo, organizzata dall'Associazione Nazionale Di.Te. in collaborazione con la Cooperativa Sociale Vivere Verde Onlus, finalizzata a porre l’attenzione sulle dipendenze tecnologiche e sul loro corretto utilizzo, oltre che sui rischi che queste possono provocare.
A dare il via agli illustri ospiti che sono intervenuti nel corso del convegno, il Magnifico Rettore dell’Università, Prof. Sauro Longhi, che ha invitato gli insegnanti a non sottovalutare il loro ruolo all'interno dell’educazione delle nuove generazioni “Insegnare è un’arte, sentiamoci artisti in quello che facciamo. Non trasformiamo la comunicazione in qualcosa di dannoso“.
“Tutto quello che si fa lo si vuole condividere subito. Senza pensare alle conseguenze che ricadranno su di sé né tanto meno sugli altri. La tecnologia ci permette di vivere tutto in modo in modo mediato, anche la paura e o un evento traumatico, e quindi di non viverlo sulla pelle, perché il corpo in questa dimensione non è presente. Non ci sono emozioni in quello spazio virtuale, e nulla è realmente condiviso. È mostrato, punto. Quando un adolescente filma qualcosa in realtà non sta provando alcuna emozione reale – dichiara Giuseppe Lavenia, Presidente dell’Associazione Nazionale Di.Te. “Avendo sempre la tecnologia a disposizione i rapporti face-to-face non esistono più ed i ragazzi durante la giornata non hanno più il tempo di svolgere alcuna attività, condizione che facilita la ricerca di socializzazione nelle ore notturne, da qui nasce il Vamping. Fenomeno in notevole aumento, proprio per questo i genitori hanno il dovere di vigilare sull’utilizzo che i loro figli fanno della tecnologia”.
“Al giorno d’oggi si ricorre al “click” con molta superficialità, un click agito ma non pensato che non porta gli artefici a ragionare sulle conseguenze che può generare quel gesto – dichiara Alberto Pellai, medico, psicoterapeuta e ricercatore Università degli studi di Milano. “Si clicca sotto una pulsione emotiva, agendo in maniera del tutto inconsapevole. Le statistiche ci mostrano che il 30% di coloro che sono stati vittime di cyberbullismo diventano a loro volta dei cyberbulli. Assistiamo al passaggio da vittima a carnefice. Internet non fa distinzione. E’ un luogo dove tutto è accessibile a tutti allo stesso modo, la stessa risposta e informazione cercata sul web è fruibile indistintamente sia per il bambino che per l’adulto”.
“Lo stress derivante dal non maneggiare correttamente la tecnologia ha delle ripercussioni anche sulla nostra salute. Dobbiamo prenderci più cura di noi stessi. E’ giusto chiederci qual è il prezzo da pagare per essere così abili con la tecnologia– dichiara Massimo Gualerzi, prof. Università studi di Padova, esperto di salute. “Il rischio è quello di mettere in secondo piano i nostri bisogni perché anestetizzati dalla nostra routine. Dobbiamo imparare a riconoscere i segnali che il nostro corpo ci manda. Ogni tanto è necessario prendersi una pausa, staccare la spina e chiedersi cosa veramente vogliamo. Quando siamo immersi nei nostri pensieri tendiamo a mettere in secondo piano e a non considerare i nostri bisogni. Oggi siamo circondati da un eccessivo e cattivo utilizzo della tecnologia, molto spesso anche in età troppo precoce, che può condizionare e alterare i nostri bioritmi. Oggi non seguiamo più il flusso della giornata. Quante volte si salta il pranzo o alteriamo l’orario per andare a letto pensando di approfittare delle ore serali per lavorare? Questo stress il nostro corpo non ce lo rende gratuitamente”.
“Le dipendenze tecnologiche, da internet, smartphone e tablet, saranno le malattie mentali del futuro. Per questo ritengo importante che si parli di una legge anche per le dipendenze tecnologiche. Noi come associazione, grazie al supporto di psicoterapeuti attenti e competenti, che hanno maturato in molti anni e direttamente sul campo l’expertise nel trattamento delle patologie internet correlate, affrontiamo il disagio psicologico e sociale a cui queste conducono sempre più di frequente; partendo dalla consapevolezza che la tecnologia, i social network, gli smartphone, i tablet e la rete hanno un ruolo di primo piano nella quotidianità di tanti, a qualsiasi età. Di recente l’Associazione Di.Te. ha istituito il numero verde 800770960, attivo dal lunedì al venerdì, dalle ore 9.00 alle ore 20.00, per offrire una consulenza specialistica gratuita alle persone che soffrono di disagi causati dalle dipendenze tecnologiche, gioco d’azzardo e Cyberbullismo”, conclude Giuseppe Lavenia, Presidente dell’Associazione Nazionale Di.Te.
Un emozionante Paolo Ruffini, conduttore televisivo, comico, regista e sceneggiatore italiano, ha conlcuso il convegno interpretando il monologo “Le parole dell’odio”.
Dipendenza da web, i ragazzi controllano lo smartphone 75 volte al giorno
"Le statistiche ci mostrano che il 30% di coloro che sono stati vittime di cyberbullismo diventano a loro volta dei cyberbulli"
A cura di Filomena Fotia 2 dicembre 2017 - 17:44
Presso l’Università Politecnica delle Marche, si è svolta la Prima Giornata Nazionale sulle Dipendenze Tecnologiche e sul Cyberbullismo, organizzata dall'Associazione Nazionale Di.Te. in collaborazione con la Cooperativa Sociale Vivere Verde Onlus, finalizzata a porre l’attenzione sulle dipendenze tecnologiche e sul loro corretto utilizzo, oltre che sui rischi che queste possono provocare.
A dare il via agli illustri ospiti che sono intervenuti nel corso del convegno, il Magnifico Rettore dell’Università, Prof. Sauro Longhi, che ha invitato gli insegnanti a non sottovalutare il loro ruolo all'interno dell’educazione delle nuove generazioni “Insegnare è un’arte, sentiamoci artisti in quello che facciamo. Non trasformiamo la comunicazione in qualcosa di dannoso“.
“Tutto quello che si fa lo si vuole condividere subito. Senza pensare alle conseguenze che ricadranno su di sé né tanto meno sugli altri. La tecnologia ci permette di vivere tutto in modo in modo mediato, anche la paura e o un evento traumatico, e quindi di non viverlo sulla pelle, perché il corpo in questa dimensione non è presente. Non ci sono emozioni in quello spazio virtuale, e nulla è realmente condiviso. È mostrato, punto. Quando un adolescente filma qualcosa in realtà non sta provando alcuna emozione reale – dichiara Giuseppe Lavenia, Presidente dell’Associazione Nazionale Di.Te. “Avendo sempre la tecnologia a disposizione i rapporti face-to-face non esistono più ed i ragazzi durante la giornata non hanno più il tempo di svolgere alcuna attività, condizione che facilita la ricerca di socializzazione nelle ore notturne, da qui nasce il Vamping. Fenomeno in notevole aumento, proprio per questo i genitori hanno il dovere di vigilare sull’utilizzo che i loro figli fanno della tecnologia”.
“Al giorno d’oggi si ricorre al “click” con molta superficialità, un click agito ma non pensato che non porta gli artefici a ragionare sulle conseguenze che può generare quel gesto – dichiara Alberto Pellai, medico, psicoterapeuta e ricercatore Università degli studi di Milano. “Si clicca sotto una pulsione emotiva, agendo in maniera del tutto inconsapevole. Le statistiche ci mostrano che il 30% di coloro che sono stati vittime di cyberbullismo diventano a loro volta dei cyberbulli. Assistiamo al passaggio da vittima a carnefice. Internet non fa distinzione. E’ un luogo dove tutto è accessibile a tutti allo stesso modo, la stessa risposta e informazione cercata sul web è fruibile indistintamente sia per il bambino che per l’adulto”.
“Lo stress derivante dal non maneggiare correttamente la tecnologia ha delle ripercussioni anche sulla nostra salute. Dobbiamo prenderci più cura di noi stessi. E’ giusto chiederci qual è il prezzo da pagare per essere così abili con la tecnologia– dichiara Massimo Gualerzi, prof. Università studi di Padova, esperto di salute. “Il rischio è quello di mettere in secondo piano i nostri bisogni perché anestetizzati dalla nostra routine. Dobbiamo imparare a riconoscere i segnali che il nostro corpo ci manda. Ogni tanto è necessario prendersi una pausa, staccare la spina e chiedersi cosa veramente vogliamo. Quando siamo immersi nei nostri pensieri tendiamo a mettere in secondo piano e a non considerare i nostri bisogni. Oggi siamo circondati da un eccessivo e cattivo utilizzo della tecnologia, molto spesso anche in età troppo precoce, che può condizionare e alterare i nostri bioritmi. Oggi non seguiamo più il flusso della giornata. Quante volte si salta il pranzo o alteriamo l’orario per andare a letto pensando di approfittare delle ore serali per lavorare? Questo stress il nostro corpo non ce lo rende gratuitamente”.
“Le dipendenze tecnologiche, da internet, smartphone e tablet, saranno le malattie mentali del futuro. Per questo ritengo importante che si parli di una legge anche per le dipendenze tecnologiche. Noi come associazione, grazie al supporto di psicoterapeuti attenti e competenti, che hanno maturato in molti anni e direttamente sul campo l’expertise nel trattamento delle patologie internet correlate, affrontiamo il disagio psicologico e sociale a cui queste conducono sempre più di frequente; partendo dalla consapevolezza che la tecnologia, i social network, gli smartphone, i tablet e la rete hanno un ruolo di primo piano nella quotidianità di tanti, a qualsiasi età. Di recente l’Associazione Di.Te. ha istituito il numero verde 800770960, attivo dal lunedì al venerdì, dalle ore 9.00 alle ore 20.00, per offrire una consulenza specialistica gratuita alle persone che soffrono di disagi causati dalle dipendenze tecnologiche, gioco d’azzardo e Cyberbullismo”, conclude Giuseppe Lavenia, Presidente dell’Associazione Nazionale Di.Te.
Un emozionante Paolo Ruffini, conduttore televisivo, comico, regista e sceneggiatore italiano, ha conlcuso il convegno interpretando il monologo “Le parole dell’odio”.
Dipendenza da web, i ragazzi controllano lo smartphone 75 volte al giorno
Ma anche i genitori sono 'schiavi' della rete. Il 2 dicembre è la prima Giornata Nazionale sulle dipendenze tecnologiche e sul cyberbullismo. Dai dati di un sondaggio emerge che anche gli adulti sono iper-connessi e non riescono a fare a meno di internet
di IRMA D'ARIA
Dipendenza da web, i ragazzi controllano lo smartphone 75 volte al giorno
IL 51% dei ragazzi tra i 15 e i 20 anni ha difficoltà a prendersi una pausa dalle nuove tecnologie tanto da arrivare a controllare in media lo smartphone 75 volte al giorno. Addirittura il 7% lo fa fino a 110 volte al giorno. È quanto emerge da un recente sondaggio online condotto dall'Associazione Di.Te. (Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche, Gap e Cyberbullism) su un campione di 500 persone di età compresa tra i 15 e i 50 anni. I dati saranno presentati il 2 dicembre, quando si svolgerà la prima Giornata nazionale sulle dipendenze tecnologiche e il cyberbullismo organizzata dall'Associazione Nazionale Di.Te. in collaborazione con la Cooperativa Sociale Vivere Verde Onlus, con l'obiettivo di porre l'attenzione sulle dipendenze tecnologiche e sul loro corretto utilizzo, oltre che sui rischi che queste possono provocare.
MAI SENZA LA RETE. Dal sondaggio emerge che i giovani 3.0 non riescono proprio a staccarsi da smartphone e altri device. In particolare, hanno ammesso di non riuscire a prendersi una pausa da questi dispositivi di almeno tre ore nel 79% dei casi. Il bisogno di controllare continuamente lo smartphone magari per chattare non li abbandona neppure di notte.
DIPENDENTI ANCHE DA GRANDI. E purtroppo anche gli adulti non hanno comportamenti molto diversi. Il 49% degli over 35 non sa stare senza cellulare, verifica se sono arrivate notifiche o messaggi almeno 43 volte al giorno, di cui un 6% arriva a sfiorare le 65 volte, e di stare 3 ore senza buttare un occhio sullo schermo non se ne parla per il 58% di loro.
L'ISOLAMENTO SOCIALE. Dipendenze che possono avere diverse sfaccettature: c'è la Nomofobia, la paura di non avere con sé il cellulare e di non poterlo controllare, la Fomo, ovvero la paura di essere tagliati fuori da qualcosa, il Vamping e tutti gli altri fenomeni legati alle web compulsioni che tengono incollate le persone agli strumenti digitali, in particolar modo allo smartphone, e la loro vita di relazione ne risente in modo compromettente. "Quando c'è un'alterazione delle abilità relazionali e sociali bisogna fermarsi e interrogarsi su cosa ci sta succedendo - dichiara Giuseppe Lavenia, presidente dell'Associazione Nazionale Di.Te. Rischioso è l'isolamento sociale, quando si arriva all'alienazione fino a diventare Hikikomori, rinchiusi nella propria stanza rifiutando la scuola e ogni contatto che non preveda l'uso mediato del mezzo tecnologico".
L'IDENTITÀ DIVENTA DIGITALE. I giovani 3.0 sono molto più impulsivi, hanno grande difficoltà a gestire la noia, e sono orientati al tutto e subito. "Sono meno creativi, non sentono il bisogno di verificare le fonti da cui traggono notizie o a fare ricerche per controllare se quello che hanno letto è vero - prosegue Lavenia. Stiamo andando verso un'identità digitale e la costruzione della loro personalità avviene anche in base all'uso che fanno della rete".
VOGLIA DI CONDIVIDERE. Gli ultimi casi di cronaca hanno dimostrato quanto le nuove tecnologie possano essere lontane dall'empatia, fino a far diventare indifferenti al dolore altrui. "Ha a che fare con il tratto impulsivo di queste sindromi da dipendenza tecnologica: tutto quello che si fa lo si vuole condividere subito. Senza pensare alle conseguenze che ricadranno su di sé né tantomeno sugli altri - spiega Lavenia. La tecnologia ci permette di vivere tutto in modo mediato, anche la paura o un evento traumatico, e quindi di non viverlo sulla pelle, perché il corpo in questa dimensione non è presente. Non ci sono emozioni in quello spazio virtuale, e nulla è realmente condiviso". È mostrato, punto. Si è centrati sul bisogno immediato: "Voglio pubblicarlo, lo faccio", è un istinto che bisogna assecondare in modo immediato, senza pensare.
FENOMENO HIKIKOMORI. Gli ultimi anni hanno visto una diffusione del fenomeno degli Hikikomori nei paesi europei, compresa l'Italia. Anche se non ci sono dati certi sulla prevalenza del fenomeno nel nostro Paese, secondo alcune stime non ufficiali il numero di giovani coinvolti sarebbe compreso tra i 30.000 e i 50.000. "Gli Hikikomori sono ragazzi e giovani adulti, di età compresa tra i 13 e i 35 anni, che decidono volontariamente di vivere reclusi nelle proprie stanze, evitando qualsiasi tipo di contatto col mondo esterno, familiari inclusi. Si tratta di una sorta di auto-esclusione dalla società odierna, le cui pressioni e richieste vengono percepite come insostenibili" dichiara Stefano Galeazzi, psicologo e responsabile della Cooperativa Vivere Verde Onlus.
I CAMPANELLI D'ALLARME. Ma i genitori come possono capire se la dipendenza che caratterizza i ragazzi è nella norma o se invece sta diventando patologica? "Ci sono alcuni segni caratteristici come l'alterazione del ciclo sonno-veglia, il mutare della condivisione sociale offline, il modificarsi di alcuni tratti caratteriali - spiega Lavenia. In breve, si potrebbe dire che quando c'è un'alterazione delle abilità relazionali e sociali bisogna fermarsi e interrogarsi su cosa ci sta succedendo".
DETOX PER TUTTA LA FAMIGLIA. Il primo passo che i genitori dovrebbero fare è semplicemente quello di prendersi il tempo per sedersi accanto ai figli e chiedere loro cosa fanno online. "Ma senza giudicarli in anticipo o additarli come nulla facenti - avverte Lavenia - bisogna avvicinarsi a loro con curiosità. La stessa che dovrebbero mettere nel conoscere cosa fanno quando non sono in casa, insieme agli amici o a scuola, per esempio. Inoltre, dovrebbero stabilire un momento detox dalle nuove tecnologie condiviso da tutti i membri della famiglia. Potrebbe trattarsi di tre ore senza cellulare dove si gioca, si ricorre a strategie creative e si fanno lavori manuali, si va dai nonni e si raccolgono informazioni per la creazione di un foto-racconto". Insomma, un momento in cui si abbandona il touch e si torna al contatto. Così mentre prima ai figli si chiedeva com'era andata a scuola, oggi la domanda potrebbe essere: "Com'è andata la tua giornata online?".
IL NUMERO VERDE. L'Associazione Di.Te. ha istituito il numero verde 800770960 attivo dal lunedì al venerdì, dalle ore 9.00 alle ore 20.00, per offrire una consulenza specialistica gratuita alle persone che soffrono di disagi causati dalle dipendenze tecnologiche, gioco d'azzardo e Cyberbullismo. Un pool di specialisti, composto da psicologi ed educatori specializzati in questo settore, metterà la propria professionalità a disposizione di tutti coloro che intendono rivolgersi al numero verde per richiedere una prima consulenza che permetterà di valutare singolarmente ogni situazione ed indirizzare il paziente, o chi per lui, presso il centro regionale o provinciale dell'Associazione più vicino. I centri sono presenti in tutta Italia.