24/10/2017 Che cosa far praticare ai propri
figli? E a che età? Cosa bisogna fare per sottrarre i bambini alla televisione
o ai giochi digitali di computer e smartphone? E per vincere l'isolamento di chi
è portatore di un handicap? Ecco i consigli degli esperti del Bambino Gesù,
l’ospedale pediatrico di papa Francesco
Qual è lo sport migliore da far praticare ai propri
figli? E a che età? Cosa bisogna fare per sottrarre i bambini alla televisione
o ai giochi digitali di computer e smartphone? Gli esperti del Bambino Gesù, l’ospedale
pediatrico di papa Francesco, con alcuni consigli aiutano i genitori a
districarsi nella materia. Intanto il nuoto, che è uno sport completo ed è bene
sia praticato sin da piccoli, perché l'acqua è l'ambiente più congeniale ad un
bambino.
Anche secondo il Rapporto dell’Istat sulla pratica
sportiva in Italia, pubblicato nei giorni scorsi, il nuoto è lo sport più
diffuso tra i bambini fino a 10 anni (43
per cento), ma fa bene anche, fino ai 7-8 anni l’atletica leggera (marcia,
corse, salti, lanci) e la ginnastica che aiuta a migliorare la
coordinazione neuromotoria. Poi si può passare a sport di squadra: calcio,
pallavolo, pallacanestro, pallanuoto, rugby, pallamano e hockey.
A 9-10 anni ci si può accostare anche a discipline più
specialistiche, come scherma, tennis, tiro con l'arco, danza e ginnastica
artistica, ma attenti a compensare eventuali squilibri di postura con altre
attività. Gli esperti ricordano ai genitori che
è fondamentale la certificazione medico-sportiva. La normativa nazionale,
integrata da regolamenti regionali, oltre al medico dello sport, assegna anche
al pediatra di famiglia e al medico di base il compito di rilasciare il
certificato non agonistico. E' invece compito esclusivo del medico dello sport
rilasciare la certificazione agonistica. In numerose Regioni tutti i test a
pagamento previsti per il rilascio della certificazione agonistica sono esenti
dal ticket fino ai 18 anni. Il certificato rilasciato ha validità massima di un
anno.
Lo sport fa bene anche ai bambini con malattie
croniche con le opportune precauzioni. Spiega il professor Attilio
Turchetta, responsabile di Medicina dello Sport al Bambino Gesù: “Non c’è uno sport specifico da consigliare ad un
bambino affetto da malattia cronica. E’ opportuno seguire le inclinazioni e le
aspirazioni del bambino ed evitare quelle che possono essere le attività
pericolose in rapporto alla malattia. Per esempio: un bambino portatore di
pace-maker dovrà evitare gli sport di contatto come tuffi, arti marziali,
rugby, così da non rischiare eventuali traumi sul dispositivo. Potrà invece
praticare in sicurezza il tennis, sport nel quale gli atleti sono separati da
una rete e non si prevedono contatti fisici”.
Ma lo sport è un alleato importante anche nel vincere
la partita della disabilità. Le discipline sportive per i disabili vanno sempre
più moltiplicandosi: basket, sitting volley, curling, vela, calcio per i ciechi. L'attività sportiva aumenta l'autostima e la fiducia
in se stessi dei ragazzi e aiuta ad uscire dall’isolamento. Sono molte le
associazioni che possono aiutare le famiglie ad orientarsi sul territorio e
vale la pena andarle a cercare, invitano gli esperti del Bambino Gesù. Un’altra
alleanza importante riguardo alla pratica sportiva è quella tra la scuola e i
genitori, spesso preoccupati che la pratica sportiva vada scapito del
rendimento scolastico, specialmente negli adolescenti. Bisogna credere che la
carta vincente è il binomio scuola-sport, come avviene nel mondo anglosassone,
con risultati sportivi che si integrano con quelli scolastici. Ciò permette
anche a molti giovani di evitare l'abbandono sportivo, fenomeno che si verifica
intorno ai 14- 16 anni.
La pratica dello sport è, infatti, massima tra i
ragazzi di 11-14 anni (70,3 per cento), ma tende a decrescere con l'età. Circa l'80 per cento dei ragazzi pratica sport in
età pre-puberale, ma poi il 20 per cento dei maschi e il 40 per cento delle
femmine interrompe la pratica dello sport. Spesso in questo abbandono
concorrono, oltre agli impegni scolastici, la difficoltà e i costi per
raggiungere il luogo dove si pratica sport. Ma qui il ragionamento si complica
e mette in gioco oltre alla scuola e ai genitori le istituzioni locali spesso
poco attente, nelle decisioni circa le priorità degli investimenti, alla
famiglia. Invece anche l'esercizio fisico è un investimento per il futuro.
L’abitudine al fumo, per esempio, è molto ridotta negli adolescenti sportivi
rispetto ai sedentari.
Praticare sport, inoltre, permette di conoscere e
contattare persone in carne e ossa e non virtuali e mette sicuramente un limite
all'uso patologico dei social.