Jean Twenge - Professore di psicologia, San Diego State University.
Articolo Tradotto, in fondo torvate l'articolo originale
In
quanto ricercatore nel campo delle differenze tra generazioni, noto
come la domanda più frequente che mi viene posta è: “Di quale generazione
sono?”
Se foste nati
prima del 1980, sarebbe una risposta relativamente facile: la Silent Generation era quella dei nati
tra il 1925 e il 1945; i Baby
Boomers dal 1946 al 1964; seguite dalla Generazione
X (nati tra il 1965 e il 1979).
Dopodiché
sono arrivati i Millennials, cioè i nati dopo il 1980. Dove
finiscono i Millennial, e dove inizia una nuova generazione? Fino a
poco tempo fa pensavo (e con me molti altri) che la data più tarda per i
Millennial potesse essere il 1999 – ovvero i diciottenni di oggi.
Questa convinzione è però cambiata pochi anni fa,
quando ho iniziato a notare grandi cambiamenti nel comportamento e
nelle attitudini degli adolescenti, durante le ricerche annuali che conduco
su 11 milioni di giovani. Intorno al 2010, i ragazzini hanno iniziato a
passare il loro tempo in modo molto diverso dalle generazioni precedenti. Dopodiché, dal
2012 sono improvvisamente comparsi dei cambiamenti nel loro benessere mentale.
Questi cambiamenti indicavano un passaggio
generazionale avvenuto intorno al 1995, il che significava che alcuni
ragazzini di questa generazione nuova, post Millennial, erano già
all’università.
Tutti questi ragazzini o giovani adulti
hanno una cosa in comune: la loro infanzia e adolescenza sono state
corrispondenti alla comparsa dello smartphone.
Cosa rende diversa la iGen
Qualcuno
li chiama Generazione Z, secondo me non funziona.
Neil Howe, che ha coniato il termine Millennial
con il suo collaboratore William Strauss, suggerische che questa ultima generazione
sia chiamata Homeland Generation, anche se dubito che qualcuno
voglia sentirsi chiamare come un’agenzia governativa (la Homeland Security ndr).
Un’indagine del 2015 ha rivelato che due
adolescenti americani su tre posseggono un iPhone. È
per questa ragione che li ho chiamati iGen. Come ho spiegato nel
mio libro “iGen:
Why Today’s Super-Connected Kids are Growing up Less Rebellious, More Tolerant,
Less Happy – and Completely Unprepared for Adulthood,” questa è
la prima generazione a passare la propria adolescenza su uno smartphone.
Cosa rende diversa la iGen? Ogni aspetto della
loro vita è stato influenzato dall’essere cresciuti con uno smartphone.
Nelle vaste indagini analizzate
per il mio libro ho potuto vedere come abbiano passato molto tempo su internet,
‘messaggiando’ con gli amici o sui social, per una media di sei ore al
giorno, così da avere poco tempo libero per qualsiasi altra cosa.
Come, ad esempio, andare in giro con gli
amici, un tempo attività tra le preferite dai ragazzi. Che si tratti
di andare a una festa, o in un centro commerciale, guardare un film, o girare
senza meta, i ragazzi iGen partecipano alle attività sociali in misura molto minore dei loro
predecessori Millennial.
Gli iGen mostrano altre notevoli differenze con i
Millennial: dal 2012, la depressione, l’ansia e la solitudine sono
schizzate verso l’alto, mentre la felicità diminuiva.
Il tasso di suicidi è aumentato di oltre
il 50%, così come il numero di adolescenti con depressione a livelli
patologici.
Una relazione che non può essere ignorata
Mi sono
chiesta se queste tendenze – i cambiamenti di come i giovani passano il loro
tempo libero, e la loro salute mentale in decadimento – fossero in relazione.
I giovani che passano più tempo sugli
schermi sono meno felici e più depressi, e quelli che passano il loro tempo con
gli amici sono più felici e meno depressi, ho riscontrato con una certa
sicurezza.
Naturalmente, la relazione non dimostra la
causa: forse sono gli infelici a usare di più tablet e smartphone.
L’uso dei
social media è stato messo in relazione all’infelicità.
Comunque,
come ho descritto nel mio libro, ho saputo di tre studi che hanno
eliminato questa possibilità, almeno per ciò che riguarda i social media. In
due di questi, si esaminava come l’uso dei
social media porti a un minor benessere, mentre
un minor benessere non porta all’uso dei social media.
Nel frattempo, nel corso di un’altra ricerca del 2016, era stato chiesto a
degli adulti di non usare Facebook per una settimana, mentre altri avrebbero
continuato. Chi si era tenuto lontano dal social network aveva finito
la settimana più sereno, meno solo e meno depresso.
Cos’altro si è perso?
Molti
genitori potrebbero preoccuparsi che i ragazzi passino così tanto tempo sul
telefono, perché ciò rappresenta una rottura radicale con la loro
adolescenza di un tempo. Stare tutto questo tempo sugli schermi non
è però solo diverso: è davvero peggiore, e in molti modi.
Stare meno tempo con gli amici significa
sviluppare meno attitudine alla socialità. Uno studio del 2014 ha
verificato come ragazzini tra gli 11 e i 12 anni che avevano frequentato un
campeggio senza usare gli schermi mostravano una maggiore capacità di leggere le emozioni sui volti altrui,
indicando come le vite sature di tablet e smartphone degli iGen potrebbero
atrofizzare la loro socialità.
Inoltre, gli iGen leggono libri, riviste e
giornali in misura molto minore di quanto le generazioni precedenti
facessero in gioventù: nell’indagine annuale Monitoring the Future, la percentuale di liceali degli ultimi
anni che avessero letto autonomamente un libro o una rivista quasi ogni giorno
era crollata dal 60% del 1980 al 16% del 2015. Come risultato
probabile di questo calo, dal 2005 la media SAT del
punteggio relativo alla lettura è calata di 14 punti. Ho saputo da
ambienti universitari come gli studenti hanno difficoltà a leggere
periodi lunghi, e raramente affrontano il libro di testo previsto.
Non voglio certo dire che ci sia poco da fare, per i
giovani iGen. Sono fisicamente più sicuri e protetti, e più tolleranti
delle generazioni precedenti. Sembrano inoltre avere una più forte
etica del lavoro, e attese più realistiche di quanto i Millennials
mostrassero alla loro età. Lo smartphone minaccia però di farli
deragliare ancora prima della partenza.
Per essere chiari, un uso moderato dello
smartphone e dei social media – fino a un’ora al giorno – non causa problemi di
salute mentale. Tuttavia molti ragazzi (e adulti) passano molto più tempo
sul loro telefono di quanto dovrebbero.
Con una mia certa sorpresa, i giovani iGen che ho
intervistato mi hanno detto che piuttosto che comunicare via telefono
vorrebbero vedere i loro amici di persona.
I genitori tendono a preoccuparsi se i loro figli
passano troppo tempo con gli amici – come fosse una distrazione, o
un’esposizione al rischio di cattive compagnie o una perdita di tempo. Potrebbe
invece essere ciò di cui gli iGen hanno bisogno.
How the smartphone affected an entire generation of kids
Jean Twenge, San Diego State University
As someone who researches generational differences, I find one of the most frequent questions I’m asked is “What generation am I in?”
If you were born before 1980, that’s a relatively easy question to answer: the Silent Generation was born between 1925 and 1945; baby boomers were born between 1946 and 1964; Gen X followed (born between 1965 and 1979).
Next come millennials, born after 1980. But where do millennials end, and when does the next generation begin? Until recently, I (and many others) thought the last millennial birth year would be 1999 – today’s 18-year-olds.
However, that changed a few years ago, when I started to notice big shifts in teens’ behavior and attitudes in the yearly surveys of 11 million young people that I analyze for my research. Around 2010, teens started to spend their time much differently from the generations that preceded them. Then, around 2012, sudden shifts in their psychological well-being began to appear. Together, these changes pointed to a generational cutoff around 1995, which meant that the kids of this new, post-millennial generation were already in college.
These teens and young adults all have one thing in common: Their childhood or adolescence coincided with the rise of the smartphone.
What makes iGen different
Some call this generation “Generation Z,” but if millennials aren’t called “Generation Y,” “Generation Z” doesn’t work. Neil Howe, who coined the term “millennials” along with his collaborator William Strauss, has suggested the next generation be called the “Homeland Generation,” but I doubt anyone will want to be named after a government agency.A 2015 survey found that two out of three U.S. teens owned an iPhone. For this reason, I call them iGen, and as I explain in my new book “iGen: Why Today’s Super-Connected Kids are Growing up Less Rebellious, More Tolerant, Less Happy – and Completely Unprepared for Adulthood,” they’re the first generation to spend their adolescence with a smartphone.
What makes iGen different? Growing up with a smartphone has affected nearly every aspect of their lives. They spend so much time on the internet, texting friends and on social media – in the large surveys I analyzed for the book, an average of about six hours per day – that they have less leisure time for everything else.
That includes what was once the favorite activity of most teens: hanging out with their friends. Whether it’s going to parties, shopping at the mall, watching movies or aimlessly driving around, iGen teens are participating in these social activities at a significantly lower rate than their millennial predecessors.
iGen shows another pronounced break with millennials: Depression, anxiety, and loneliness have shot upward since 2012, with happiness declining.
The teen suicide rate increased by more than 50 percent, as did the number of teens with clinical-level depression.
A link that can’t be ignored
I wondered if these trends – changes in how teens were spending their free time and their deteriorating mental health – might be connected. Sure enough, I found that teens who spend more time on screens are less happy and more depressed, and those who spend more time with friends in person are happier and less depressed.Of course, correlation doesn’t prove causation: Maybe unhappy people use screen devices more.
However, as I researched my book, I came across three recent studies that all but eliminated that possibility – at least for social media. In two of them, social media use led to lower well-being, but lower well-being did not lead to social media use.
Meanwhile, a 2016 study randomly assigned some adults to give up Facebook for a week and others to continue using it. Those who gave up Facebook ended the week happier, less lonely and less depressed.
What else is lost?
Some parents might worry about their teens spending so much time on their phones because it represents a radical departure from how they spent their own adolescence. But spending this much time on screens is not just different – in many ways, it’s actually worse.Spending less time with friends means less time to develop social skills. A 2014 study found that sixth graders who spent just five days at a camp without using screens ended the time better at reading emotions on others’ faces, suggesting that iGen’s screen-filled lives might cause their social skills to atrophy.
In addition, iGen reads books, magazines and newspapers much less than previous generations did as teens: In the annual Monitoring the Future survey, the percentage of high school seniors who read a nonrequired book or magazine nearly every day dropped from 60 percent in 1980 to only 16 percent in 2015. Perhaps as a result, average SAT critical reading scores have dropped 14 points since 2005. College faculty tell me that students have more trouble reading longer text passages, and rarely read the required textbook.
This isn’t to say that iGen teens don’t have a lot going for them. They are physically safer and more tolerant than previous generations were. They also seem to have a stronger work ethic and more realistic expectations than millennials did at the same age. But the smartphone threatens to derail them before they even get started.
To be clear, moderate smartphone and social media use – up to an hour a day – is not linked to mental health issues. However, most teens (and adults) are on their phones much more than that.
Somewhat to my surprise, the iGen teens I interviewed said they would rather see their friends in person than communicate with them using their phones. Parents used to worry about their teens spending too much time with their friends – they were a distraction, a bad influence, a waste of time.
But it might be just what iGen needs.
Jean Twenge, Professor of Psychology, San Diego State University
This article was originally published on The Conversation. Read the original article.